venerdì 31 luglio 2015

La mia storia - parte 2

Per chi non si fosse ancora annoiato di leggermi ecco il secondo capitolo della mia storia.

... e così sono passati gli anni, dicevamo. Io con un lavoro precario, lui un po' mobbizzato al lavoro.
I primi mesi tutti e due molto occupati a controllare frequentemente il conto in banca. Insomma per il primo anno non ci abbiamo pensato proprio, né io né lui. Volevo solo cercare di godermi i momenti insieme e il nostro nido d'amore. E poi non era il momento adatto.
Nel frattempo, qualche mese prima del trasloco, avevo lasciato il lavoro per un posto in cui mi avevano promesso un contratto a tempo indeterminato dopo un anno. La maternità comunque era già nei miei pensieri e con un contratto a progetto e un lavoro che mi portava sempre fuori casa sabato e domenica non era fattibile. Mi impegnai dunque duramente per creare le condizioni che mi avrebbero portato ad essere madre. Finalmente dopo lunghi mesi di ricerca trovo un'azienda interessante e penso che si tratta solo di tempo: tra un anno avrò il mio contratto a tempo indeterminato, nel frattempo sarò felicemente sposata e appena sarà il momento inizieremo a cercare un bimbo, come tutte le coppie normali fanno.
Ma non fu così. Il mio contratto a tempo indeterminato non arriva - mi hanno preso in giro come una stupida -, anche se non perdo subito il lavoro e resto sempre precaria, l'azienda è in crisi e dopo 2 anni, tra cui un anno di agonia in cui non faccio altro che annoiarmi e ad avere paura del momento in cui sarei rimasta disoccupata, resto a casa senza lavoro. Una sorte annunciata, uno stillicidio senza morfina.
Sono mesi interminabili quelli passati a casa, inizio a sentirmi vecchia, una non più giovane donna già fallita. Sto per compiere trentanni e pensavo che al mio compleanno dei trenta sarei stata super felice, sposata, con un bimbo nella pancia e un lavoro sicuro. Invece, dopo tanti sacrifici per laurearmi e tanti sacrifici economici per sposarmi e comprare casa, in mano ho solo un pugno di mosche. Nel frattempo DH è anche lui sempre più deluso del suo lavoro.
I parenti incominciano a chiedere: "Allora, quando vi decidete a fare un figlio? Ormai siete sposati da tanto". Difficile spiegare che se io sono disoccupata e DH sta vivendo un brutto periodo di mobbing e rischia di perdere il posto anche lui non è proprio possibile pensare a un bambino.
In me però nasce il desiderio di dare un senso alla mia vita, sento dentro l'urgenza di dedicarmi a qualcosa di nuovo, di mettere tutto l'Amore che ho nel cuore in un nuovo progetto. Per il momento questo progetto non può purtroppo essere quello di un figlio, così decido di riprendere in mano un progetto abbandonato quando ero adolescente: un gruppo teatrale amatoriale. Il nuovo progetto mi dà nuova forza e sicurezza e mi permette, senza esborsi di denaro, di tenermi viva e impegnata anche quando DH non c'è.
Iniziano i primi commenti alla mia condotta di "donna in carriera" più interessata ad altro (a cosa? a cosa???) che a fare un figlio e io sono sempre più arida dentro, provo rabbia, per tutto. Rabbia anche nei confronti di mio marito depresso per colpa del lavoro, rabbia per la mia condizione, rabbia contro i parenti che si lamentano di come trascorro la mia vita "una ragazza così giovane a casa dal lavoro" però anche ormai "troppo vecchia per non avere ancora dei figli" e in quella casa "troppo piccola per un bambino". Ma ragazzi i soldi voi li trovate che cascano dal cielo o che cosa? Questa è la casa che ci siamo potuti permettere!
Dopo qualche mese di austerity (come io e mio marito ci divertiamo a chiamare quel periodo ora che è tutto passato) si apre uno spiraglio, un'offerta di lavoro nuova per me, sempre stesso settore con orari da pazzi, stipendio da fame, ma almeno un posto fisso anche se precario (Co.Co.Pro.). Ovviamente accetto, a malincuore, perché speravo di trovare di meglio, di cambiare un po' settore e vita, ma mi dico che in questo momento un lavoro fisso mi serve. Tanto non ho alternative. Il mutuo bisogna pagarlo.
Tra di noi non parliamo mai di bambini io e DH, quasi come se sapessimo che parlarne scoperchierebbe il nostro vaso di Pandora. Abbiamo preso una casa piccola, ma con una minuscola cameretta che ora usiamo come "studio", ma ovviamente l'intenzione non detta è quella di una cameretta per un neonato e poi, dopo i primi mesi occorrerà cambiare casa. Sbagliamo, con il senno di poi, questo non detto ci si ritorcerà contro più avanti, perché i non detti, anche se si pensa di conoscerci bene e di capirsi al volo, spesso sono facili da male interpretare. Per ora questi pensieri restano un contrappunto sordo e funereo dentro, ma noi cerchiamo di non farci troppo caso, per ora non è la nostra priorità. Anche se il tempo scorre, giorno dopo giorno, mesi dopo mesi. Tic, tac, tic, tac.
Nel frattempo, mentre nascono nipoti e figli di cugini e i primi figli di amici, io inizio a soffrire di atroci mal di testa e torno dal ginecologo che sentenzia: "Lei la pillola anticoncezionale non la può prendere più, è a rischio ictus". Bene dico io, e adesso?
Insomma, io mi immaginavo che un giorno mio marito mi avrebbe guardato negli occhi pieni d'amore dicendomi: "Amore, che dici, mettiamo in cantiere un bebè?" e invece no, la cosa è stata tipo: "Ciao DH, il ginecologo ha detto che non posso più prendere la pillola, proviamo a fare un figlio?". "Va bene". Romanticismo zero, e dentro anche un po' di incazzatura, non so se più con me stessa perché comunque continuavo a sentirmi una fallita o se con mio marito che si era chiuso in sè stesso e mi pareva che di figli non ne volesse, comunque da lì in poi la nostra vita è cambiata, in peggio, fino a sfiorare i punti più bassi della mia esistenza.
Sono sempre più impegnata a lavoro, nel mio settore la crisi è davvero pesante, il lavoro non manca, ma i budget sono inesistenti. Mi trovo così costretta a fare il lavoro di 2/3 persone insieme. Torno a casa sempre tardi, stanca, affamata, arrabbiata. Adoro il mio lavoro, ma mi rende schiava. Il posto fisso mi rende schiava. Passo il weekend facendo le pulizie o da sola in casa a piangermi addosso perché mio marito lavora. L'unica fonte di gioia in quei mesi è il teatro. Le prove vanno bene, faccio i salti mortali per organizzare tutto, ma ci sono buone speranze di avere delle soddisfazioni almeno qui.
Ovviamente è un palliativo, il pensiero di un bambino inizia a farsi strada nella mia mente e nel mio utero in maniera lenta ma viscerale. Anche se il lavoro è ancora precario ormai la mia età ha un numero che inizia per 3. Insomma, è passato qualche anno dal nostro matrimonio, ora un lavoro ce l'ho ancora, non è il massimo della vita, ma boh, insomma abbiamo anche un'età giusta. Non si può più aspettare - oltretutto incomincio a pensaro io - se DH fosse ancora infertile?
Mi faccio prescrivere gli esami preconcezionali di routine, voglio che tutto sia perfetto, voglio fare le cose con coscienza. Una volta scoperto di avere le carte in regola il medico ci dice: "Provateci tra tre mesi, per essere sicuri che il corpo sia preparato". E così facciamo.
Ricordo un'estate piacevole in giro in una di quelle vacanze all'avventura, da fare prima che si abbiano bimbi piccoli - low cost obviously my dear-. Poi dal ritorno a casa, l'inizio di quel meraviglioso mondo che si chiama TTC, ovvero "Try To Conceive", il periodo in cui si cerca di concepire un figlio.

E poi il dramma.

Siete ancora connessi? Volete arrivare alla puntata 3? Ecco una piccola anticipazione....


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